Oggi facciamo conoscenza con il professor Loris Pironi, Gastroenterologo-Nutrizionista, Direttore del Centro Regionale di Riferimento per l’Insufficienza Intestinale Cronica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi.
Quando si pensa ai problemi nutrizionali, vengono in mente solo disturbi del comportamento alimentare quali anoressia, bulimia e obesità. Un aspetto poco noto, ma estremamente rilevante, della nutrizione clinica è quello che riguarda i pazienti con insufficienza intestinale cronica benigna, una condizione patologica che più di ogni altra rappresenta quale può essere il rapporto tra nutrizione e qualità di vita.
Professor Pironi, ci può spiegare cosa sia l’insufficienza intestinale cronica?
“L’insufficienza intestinale si verifica quando l’intestino non è in grado di mantenere un normale stato di nutrizione dell’individuo a causa della perdita della capacità di digerire i cibi e di assorbire le sostanze nutritive in essi contenute.
Può essere dovuta a quattro problematiche che a volte coesistono nello stesso paziente: intestino corto, alterazioni croniche della motilità intestinale, danni estesi della superficie dell’intestino deputata all’assorbimento e fistole intestinali.
L’insufficienza intestinale non è di per se stessa una malattia, ma è una condizione patologica che può complicare il decorso di varie malattie che colpiscono l’intestino.
Se non trattata, l’insufficienza intestinale causa la morte per denutrizione.
Provvedimenti dietetici, farmacologici e chirurgici, possono recuperare una sufficiente funzione intestinale. Quando il recupero non avviene, le uniche possibilità terapeutiche sono la Nutrizione Parenterale Domiciliare e il Trapianto di Intestino, le quali sono quindi due terapie salvavita.
La Nutrizione Parenterale Domiciliare consente al paziente di nutrirsi adeguatamente, attraverso l’infusione delle sostanze nutritive direttamente nelle vene, per mezzo di speciali cateteri. E’ una terapia sostitutiva della funzione d’organo persa, paragonabile alla dialisi per i pazienti con insufficienza renale. Il paziente impara ad effettuarla da solo a domicilio, di solito durante le ore notturne, mentre di giorno può condurre una vita normale. La insufficienza intestinale cronica benigna irreversibile, è una condizione rara che interessa, in Italia, circa 5-6 pazienti per milione di abitanti”.
In che cosa consiste l’intervento del gastroenterologo-nutrizionista in questi casi?
“Dapprima, valuta la funzione intestinale residua attraverso uno studio del bilancio nutrizionale che consiste nel confronto tra bisogni nutrizionali del paziente e capacita di alimentarsi per via naturale. Per ogni paziente, dopo aver studiato le cause dell’insufficienza intestinale, vengono analizzate la capacità del paziente di alimentarsi per via orale e di assorbire le sostanze nutritive contenute negli alimenti, il dispendio energetico e lo stato di nutrizione calorico-proteica, lo stato di idratazione e lo stato di nutrizione di tutti gli altri nutrienti. Successivamente, definisce il programma farmacologico e nutrizionale, basato su farmaci mirati a migliorare le funzioni intestinali (a volte in collaborazione con altri gastroenterologi specializzati in particolari settori), diete speciali e, da ultimo, su programmi di nutrizione parenterale domiciliare. Infine, si fa carico di seguire il paziente nel tempo”.
Qual’è la progonosi dell’insufficienza intestinale cronica benigna?
“La prognosi dipende essenzialmente dalla malattia di base che ha causato la insufficienza intestinale. La nutrizione parenterale domiciliare è un trattamento a bassa incidenza di complicanze pericolose per la vita, pertanto la prognosi relativa al trattamento è buona. Attualmente, seguiamo pazienti che sono in nutrizione parenterale domiciliare da oltre 20 anni. Alcuni di questi sono ragazzi che sono in trattamento dal primo giorno di vita”.
Ci può parlare della qualità della vita di un malato di insufficienza intestinale cronica e di come Lei, in quanto professionista, interviene?
“La misurazione oggettiva della qualità di vita si fa utilizzando questionari generici oppure questionari specifici per patologia. Presso il nostro Centro abbiamo fatto questa valutazione utilizzando il questionario generico SF-36 che misura sia la componente fisica che quella emoti- va della qualità di vita e consente il confronto con la popolazione sana. E’ risultato che i pazienti con insufficienza intestinale hanno una riduzione della qualità di vita legata alla componente fisica ma non a quella emotiva. Nel complesso, i risultati sono simili a quelli ottenuti in pazienti in dialisi per insufficienza renale. Confrontando poi la qualità di vita dei pazienti in nutrizione parenterale domiciliare con quelli sottoposti a trapianto di intestino, senza complicanze in atto, è risultato che la qualità di vita è migliore nei trapiantati. Purtroppo, il trapianto di intestino è ancora gravato da un rischio di mortalità superiore alla nutrizione parenterale domiciliare, per cui non si pu proporre il trapianto al solo scopo di migliorare la qualità di vita. Studi effettuati con questionari specifici, hanno evidenziato che la qualità di vita del paziente è correlata alla capacità di autonomia raggiunta e alla validità dell’assistenza ricevuta. Stiamo partecipando ad uno studio internazionale con un nuovo questionario specifico, i cui risultati saranno disponibili entro il 2010”.
Come si potrebbe eventualmente migliorare la qualità di vita?
“Mettendo in atto tutti quegli aspetti assistenziali che consentono di migliorare il rapporto costo-utilità del trattamento, cioè che garantiscono al paziente il migliore inserimento nella vita socio-familiare-lavorativo e, al contempo minimizzano le complicanze del trattamento”.
Che consiglio darebbe ai pazienti che soffrono di questa malattia e ai suoi Colleghi che la curano?
“L’Insufficienza Intestinale Cronica è una patologia complessa che richiede competenze medico-chirurgiche altamente specialistiche e tecnologie diagnostico-terapeutiche costose. Inoltre, la sua rarità rende difficile lo sviluppo da parte dei medici di una esperienza clinica efficace. I dati di ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che i migliori risultati sono stati ottenuti là dove le tecnologie impegnate e l’esperienza acquisita sono maggiori. Per questi motivi, recentemente, al Congresso mondiale sul Trapianto di Intestino, tenutosi a Bologna nel settembre 2009, un gruppo di lavoro al quale ho partecipato ha ribadito la necessità di creare a livello nazionale dei network, cioè delle reti, che facilitino l’accesso dei pazienti ai Centri esperti. Un network nazionale per l’Insufficienza Intestinale Cronica, che potremmo chiamare “rete di sicurezza”, avrebbe diversi vantaggi:
per i pazienti, la certezza di poter accedere a centri esperti, nel rispetto della uguale opportunità di accesso alle cure da parte del cittadino;
per i Medici che seguono i pazienti localmente nel luogo di residenza, il supporto diretto e costante dei Centri esperti per gestire situazioni cliniche con le quali altrimenti verrebbero raramente a contatto e che risulterebbero pertanto difficili da gestire singolarmente;
per il SSN, la ottimizzazione delle risorse che deriva dai migliori risultati ottenibili dalla applicazione più vasta possibile delle tecnologie e delle competenze disponibili;
per la ricerca, la possibilità di avere casistiche numerose di pazienti, senza le quali sarebbe impossibile condurre studi corretti dal punto di vista metodologico”.
Ringraziamo il Professor Loris Pironi per la professionalità e la disponibilità manifestate. In questa intervista la sua esperienza si è rivelata esauriente e ci permette di venire a contatto con questa malattia che coinvolge i problemi nutrizionali, aspetto atipico, ma non per questo meno rilevante.